I MISTERI DEI ROSACROCE

ARTICOLI SUI ROSACROCE ED I LORO MISTERI

giovedì 23 aprile 2009

ROSACROCE: DOMANDE E RISPOSTE


Rosacroce: domande e risposte


INDICE

Introduzione
È possibile conciliare reincarnazione e Bibbia?
È possibile aggiungere dettagli riguardanti la Salvezza al di fuori della Parola di Dio?
Gesù e Buddha sono la stessa cosa?
La Bibbia è un libro simbolico?
Lo gnosticismo è conciliabile con il cristianesimo rivelato?
Cristo è solo una forza?



Introduzione
Come il Branhamismo, la Scuola Unità e l'Astrologia, così i Rosa-croce non costituiscono una religione organizzata; sono piuttosto una comunità fraterna simile a quella Massonica. Gli scrittori più antichi fanno risalire il movimento all'Antico Egitto, e precisamente a Thutmosi III, vissuto nel XV secolo (1489) a.C. Altri storici fanno risalire l'origine di questa confraternita ad un uomo, non si sa se leggendario o realmente vissuto, chiamato Christian Rosenkreuz. Si dece che sia vissuto nel XIV o XV secolo d.C.

Oggi due gruppi principali sostengono di rappresentare gli antichi insegnamenti rossocrociani: un gruppo costituisce la Comunione dei rossocrociani, l'altro gruppo porta il nome di Antico ordine mistico della Rosa-croce. Quest'ultimo gruppo insiste in modo particolare sulla propria originalità e autenticità.

Perché si chiamano "rosacrociani" o "della rosa-croce"? Il simbolo mistico di questo gruppo è una croce formata da uomini con le braccia allargate, sulla quale è disegnata una rosa quale simbolo di castità e di purezza. Attorno al simbolo c'è la scrittura: "Sulla tua croce fioriscano le rose", che probabilmente vuole essere un augurio per una perfezione crescente.

Che cosa credono i rosa-crociani? È difficile avere un quadro chiaro delle loro dottrine e delle loro credenze, poiché queste sono riservate ai membri del gruppo, sono segreti della confraternita e non devono uscire dall'ambito di essa. Tale conoscenza segreta, viene promesso ai membri della confraternita, li condurrà ad incredibili conquiste e al pieno dominio di sé.

Si tratta, in ogni modo, di vedute spesso parallele a quelle della teosofia, compresa la teoria della reincarnazione. Alcuni estratti da un opuscolo intitolato Am I my brother's keeper? ci dicono qualcosa dello spirito e degli scopi di questo movimento: "Questa è la mistica via alla felicità, al successo e alla pace profonda... è veramente la chiave segreta per il progresso materiale e la gioia sulla terra, come anche per la felicità spirituale o mistica in seno alla coscienza universale" (p. 7). "Libero da credi e da dogmatismi settari, tollerante e benevolo, l'Ordine dei Rosacroce, che non presenta nessun redentore nel mondo né anticipa alcun salvatore tranne che Dio stesso nell'uomo, apre a tutti le Sue porte e invita tutti quanti sono nell'ignoranza e ancora stanno cercando, a dedicarsi ai consolanti ritiri che conducono alla conoscenza mistica e alla via rigenerata" (p. 9).

Come valutare il movimento dei rosacrociani? Un passo della Scrittura conosciutissimo ed inequivocabile, Giovanni 3:16, indica chiaramente a coloro che fondano le loro credenze sulla Bibbia, che l'unico requisito per la vita eterna è la fede. La fede biblica vuol dire impegno personale, non la scoperta di un segreto; per questo, ancora una volta, Galati 1:8,9 è il passo appropriato. Paolo pronuncia la maledizione su chiunque proclama un messaggio diverso da quello che Dio ha rivelato a lui, l'Evangelo di Gesù Cristo.


1. È possibile conciliare reincarnazione e Bibbia?
(per approfondire l'argomento, si veda questa pagina)


Risposte alle domande più comuni:


Una possibilità di ricominciare: "Un essere umano che non ha avuto tutta la sua parte di vita o che l’ha sciupata deve avere la possibilità di recuperarla in un'altra esistenza. L'uomo deve beneficare di esami di riparazione..."

RISPOSTA - La verità cristiana si articola in 2 affermazioni:

1. Essere sempre pronti. Questa vita non è uno scherzo. La nostra morte è l'incontro supremo con il Dio della Vita alla quale dobbiamo essere SEMPRE pronti. Gesù ci narra la parabola delle vergini sagge e delle vergini stolte che non si erano preparate al ritorno del Signore e che all'ultimo istante erano andate a comprare dell'olio per le loro lampade. Ma al loro ritorno trovarono la porta irrimediabilmente chiusa. Non avremo "esami di riparazione" di fronte al Signore. Il Signore prende sul serio il nostro agire, il nostro cuore. Dobbiamo imparare a spendere bene i giorni che passiamo su questa terra, perché non avremo una seconda opportunità.

2. Il tempo è relativo: "Per il Signore un giorno è come mille anni, e mille anni sono come un giorno" (2 Pt 3,8). Il Dio della Bibbia ama talvolta prendersi gioco del tempo quando si tratta di guarire i suoi figli nel corpo o nell'anima. È la storia del ladrone che sulla croce riparò tutti gli errori della sua vita in pochi istanti prima di morire. Ma la vita non è uno scherzo e l'ultimo "si" o "no" alla Verità è preparato da tutti gli atti liberi della nostra vita e li riassume tutti. Del resto, se la nostra vita si esaurisse su questa terra, allora qualsiasi disuguaglianza nella nascita sarebbe un'ingiustizia, un inganno. Se da una parte i cristiani sono chiamati a combattere le forme di ingiustizia e questo come preparazione del Regno, dall'altro sono chiamati a superare ogni forma di materialismo: l'uomo non è fatto di sola carne, l'uomo non è fatto per esaurirsi nella materia, ma sente un indicibile desiderio di andare oltre, oltre ciò che si può misurare, toccare, vedere. "Perché hai visto, hai creduto, Tommaso. Beati coloro che pur non vedendo crederanno".
Il nostro essere aspira ad andare oltre. Non siamo nati per vivere su questa terra. Ma la nostra vita prosegue, trasformata. Quindi nessuna ingiustizia divina, se una persona vi trascorre 100 anni, mentre un'altra solo 10.


L'origine dell'anima dei neonati: "secondo Platone, il numero delle anime è fisso e immutabile. Esse non possono essere create dal niente, ma preesistono da sempre alla nascita dei neonati. Così le anime dei viventi non possono venire che dai morti".

RISPOSTA - La visione cristiana dell'anima non si rifà a Platone. Dio è Creatore, sempre, e non cessa di creare nuove anime, per i corpi appena concepiti dall'uomo e dalle altre creature. Tuttavia, il libro della Genesi ci mostra una enorme differenza tra l'anima umana, sede della razionalità, dei sentimenti, e quella animale: l'anima umana è immortale perché immagine del Dio vivente. Inoltre l'uomo primordiale, si legge, non è appagato dalla presenza degli animali intorno a sé: segno della differenza profonda che lo separa dal resto del creato. Ciò non toglie che l'uomo possa e debba vivere dal "fratello" con tutto il creato, non come padrone, ma come pro-creatore, che porta avanti cioè l'opera creatrice di Dio.
Se le anime attuali fossero sempre le stesse come si spiega l'aumento vertiginoso della popolazione mondiale? Dove si trovavano quelle anime?


Le disuguaglianze naturali: "Se Mozart a 5 anni componeva musiche così elaborate, evidentemente deve averle già abbozzate in precedenti vite", pensano gli adepti della reincarnazione. "Perché un bambino nasce mongoloide, mentre suo fratello gemello è superdotato? Evidentemente il primo deve purificarsi da colpe passate, mentre il secondo gode i benefici del suo impegno passato. Ogni azione produce prima o poi il suo effetto buono o cattivo: nell'induismo questa legge cosmica del rapporto causa-effetto e della retribuzione quasi meccanica dei nostri atti si chiama karma".

RISPOSTA - La prima risposta biblica alla visione karmica delle disuguaglianze naturali consiste in una sublimazione della razionalità umana: "Le vie di Dio non sono le vostre vie" (Is 55,8). Le persone handicappate, prive di salute, possono essere dotate di un cuore eccezionalmente capace di amore. Non si tratta necessariamente di persone inaridite dai peccati passati. Inoltre le disuguaglianze naturali sono il semplice risultato della varietà in natura. Come i fiori sono tutti diversi, così è per gli esseri umani: non è necessario scomodare la legge del karma per spiegare le disuguaglianze naturali.


L'esperienza del risveglio dal coma: "dopo l'esperienza del coma alcuni dei risvegliati sono inclini a credere nella reincarnazione; non concepiscono più la morte come un annientamento, ma come una rinascita; morire consente di rinascere per conoscere una nuova vita più serena".

RISPOSTA - Il coma non è esperienza di morte, così, tale esperienza non è di per sé probante. Al contrario, i cristiani hanno la prova storica della Resurrezione del Cristo. Molti testimoni lo videro, poterono testimoniare in presenza di persecuzioni corporali, poterono testimoniare anche quando tutto sembrava finito. E lo fecero. Perché avevano visto.

Alcuni passi biblici: nella Bibbia un personaggio può essere portato ad assumere il ruolo di qualcuno che l'ha preceduto. Per esempio, Eliseo è stato un altro Elia. Allo stesso modo, come precursore del Messia, si aspettava un secondo Elia. Di fatto l'angelo annuncia a Zaccaria che suo figlio "gli camminerà innanzi con la forza e lo spirito di Elia" (Lc 1,17). Questa continuità nella missione non comporta assolutamente identità tra i due esseri.

A maggior ragione Gesù non poteva essere una reincarnazione del Battista, poiché suo contemporaneo! Ma un uomo superstizioso come Erode poteva vedere nella potenza soprannaturale che Gesù di Nazareth sembrava possedere un prolungamento della potenza di cui già godeva il Battista. Mai Gesù o i suoi apostoli pronunciano una parola che si avvicini anche di poco alla credenza della reincarnazione.

Quando gli apostoli suggeriscono come spiegazione della cecità di un cieco dalla nascita un peccato che poteva essere imputato a lui, ciò non prova che pensassero necessariamente a una colpa commessa in un'esistenza anteriore. Potevano semplicemente pensare che questa infermità fosse dovuta, come insegnavano alcuni rabbini dell'epoca, a una colpa commessa dal bambino stesso durante la sua gestazione.

Gesù dal canto suo rifiuta ogni nesso tra la malattia e un qualsiasi peccato. Egli non accenna mai ad un possibile rapporto di causa-effetto tra le disgrazie degli uomini e una macchia contratta in una vita precedente. Gesù non indirizza i nostri passi verso il passato, ma verso il futuro. Ciò che davvero conta è farsi trovare pronti alla venuta di "Colui che viene come un ladro" (Mt 24,43).


Ulteriori contrasti

1. Siamo una triunità. La reincarnazione sottende inoltre un concetto che sembra scontato, ma che non lo è affatto: il corpo sarebbe solo un involucro. Paolo afferma che ciascuno di noi è "spirito, anima e corpo" (1 Ts 5,23). Noi non siamo solo l'anima, ma siamo anche lo spirito e il corpo. Siamo una "tri-unità". Dunque non siamo semplicemente un'anima che trasmigra da un corpo all'altro.

2. Salvezza per fede e non per opere. La dottrina della reincarnazione fa ovviamente leva su quella del karma: il destino del nostro essere dipenderebbe dalle nostre azioni. Come se, al termine della nostra vita, dovessimo mettere su un piatto della bilancia il bene e il male che abbiamo commesso; avremo allora un destino migliore se la bilancia pende verso il bene, al contrario avremo un destino peggiore.

Per quanto questa dottrina della "meritocrazia" sia entrata nel sangue dei cristiani, non c'è niente di biblico in tutto ciò.
Nelle sue lettere Paolo afferma categoricamente e con forza che la salvezza dell'uomo è dono di Dio, dono gratuito. Cioè, in altre parole, l'uomo è salvato per grazia. In che modo l'uomo può appropriarsi di questa opera salvifica? Con i suoi meriti personali? No, cari amici. Con i meriti della morte e resurrezione del Cristo, cioè per fede. La fede in Cristo è il nostro mezzo di salvezza.

Per questa grazia infatti siete salvi mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene.
(Ef 2,8-9)

L'uomo è giustificato per la fede indipendentemente dalle opere della legge.
(Rm 3,28)

Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.
(Gv 3,16)

La salvezza si ha per fede in Cristo e non per le nostre opere. La Parola di Dio è chiara come il sole. A coloro che pensano di doversi meritare con le opere la salvezza e che pensano che la salvezza per fede escluda ogni valore alle opere, ricordiamo che le opere sono conseguenza dell'amore di un essere rinnovato, reso libero dalla schiavitù dell'IO e del peccato, libero dalla morte. Non sono le opere che ci fanno meritare la vita eterna, ma è la stessa nuova vita che produce in noi opere rinnovate.


Ti prendi gioco della ricchezza della sua bontà, della sua tolleranza e della sua pazienza, senza riconoscere che la bontà di Dio ti spinge alla conversione?
(Rm 2,4).

Non è la nostra opera, la nostra conversione, che ci fa meritare l'amore di Dio, ma l'amore di Dio produce in noi conversione.




2. È possibile aggiungere dettagli riguardanti la Salvezza che non siano già inclusi nella Parola di Dio?
Una cosa che colpisce molto quando si assiste agli incontri dei Rosacroce è la presenza di manifesti che riportano schemi e immagini che servono a spiegare i misteri della salvezza e dello sviluppo spirituale dell'uomo. Ciò che stupisce non è tanto la presenza di manifesti, quanto la dovizia di particolari aggiunti e precisati con certezza assoluta e che sempre senza alcuna incertezza vengono presentati ai candidati "cercatori".

Che cosa dice la Bibbia in proposito? Con l'Apocalisse la Chiesa ha ritenuto concluso l'insieme delle Verità rivelate all'uomo per la sua salvezza. La Chiesa era consapevole della differenza tra ciò che è Parola di Dio e ciò che è parola umana, tra una sacra rivelazione data per tutti i tempi e per tutte le generazioni e una parola personale limitata al contesto storico. I primi cristiani hanno fortemente sentito che con l'Apocalisse il patrimonio di tutto ciò che era necessario per la Vita Eterna era al completo. Non che la Parola di Dio spieghi tutto nei dettagli, ma rivela quanto basta raggiungere la vita eterna.

La Bibbia stessa dice:

Fin dall'infanzia conosci le sacre Scritture: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene per mezzo della fede in Cristo Gesù. Tutta la Scrittura infatti è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.
(2 Tim 3,15-16)

Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
(Gv 20, 30-31)

Le Sacre Scritture dunque hanno il compito di istruirci e di condurci alla salvezza che si ottiene per mezzo della fede in Cristo. Giovanni stesso attesta che non tutto quanto Gesù fece e disse è stato riportato, ma quello che è stato scritto è finalizzato alla fede salvifica, affinché "crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome". Evidentemente non manca niente e niente è stato nascosto di quanto è necessario per la nostra salvezza.

Non è necessario insistere molto: la Parola di Dio è chiara, rassicurante ed esauriente in proposito. Niente è trascurato che possa essere necessario alla Vita Eterna, Dio non lo avrebbe permesso.

Coloro che aggiungono parole proprie alla Parola di Dio e ne fanno una necessità per i credenti, non solo compiono una pura speculazione teologica, rendendo la Bibbia una barzelletta, ma compiono anche una infamia nei confronti dei credenti abusando della loro buona fede e addossando su di loro inutili fardelli e così facendo attirano su di sé la maledizione dell'Apocalisse:

Dichiaro a chiunque ascolta le parole profetiche di questo libro: a chi vi aggiungerà qualche cosa, Dio gli farà cadere addosso i flagelli descritti in questo libro; e chi toglierà qualche parola di questo libro profetico, Dio lo priverà dell'albero della vita e della città santa, descritti in questo libro.
(Ap 22, 18-19)

3. Gesù e Budda sono la stessa cosa?
I Rosacroce pretendono di trovare verità inconfutabili in tutte le religioni, anzi per essere più precisi: tutte sarebbero vere.

L'"illuminazione" sperimentata da Budda si riduce alla convinzione che il mondo è cattivo, che è fonte di male e di sofferenza per l'uomo. Per liberarsi da questo male bisogna liberarsi dal mondo; bisogna spezzare i legami esistenti nella nostra costituzione umana, nella nostra psiche e nel nostro corpo. Più ci liberiamo da tali legami, più ci rendiamo indifferenti a quanto è nel mondo, e più ci liberiamo dalla sofferenza, cioè dal male che proviene dal mondo.

Ci avviciniamo a Dio in questo modo? Nella "illuminazione" trasmessa da Budda non si parla di ciò. Il buddismo è in misura rilevante un sistema ateo. Nel Buddismo, non ci liberiamo dal male attraverso il bene, che proviene da Dio; ce ne liberiamo soltanto mediante il distacco dal mondo, che è cattivo. La pienezza di tale distacco non è l'unione con Dio, ma il cosiddetto Nirvana, ovvero uno stato di perfetta indifferenza nei riguardi del mondo. Salvarsi vuol dire prima di tutto liberarsi dal male, rendendosi con le proprie forze indifferenti verso il mondo che è fonte del male. In ciò culmina il processo spirituale.

Ma Cristo non propone un mero distacco ascetico dal mondo. Propone il distacco dal mondo per unirsi a Ciò che è al di fuori del mondo: e non si tratta del Nirvana, ma di un Dio personale. L'unione con Lui non si realizza soltanto sulla via della purificazione, ma mediante l'amore di Dio, l'ubbidienza, la fede.

Una questione a parte è la rinascita delle antiche idee gnostiche nella forma del cosiddetto New Age. Non ci si può illudere che esso porti a un rinnovamento della religione. È soltanto un nuovo modo di praticare la gnosi, cioè quell'atteggiamento dello spirito, che in nome di una cosiddetta "profonda conoscenza" di Dio, finisce per stravolgere la Sua Parola sostituendovi parole che sono soltanto umane. La gnosi non si è mai ritirata dal terreno del cristianesimo, ma ha da sempre convissuto con esso, a volte sotto forma di corrente filosofica, più spesso con modalità religiose e parareligiose, in deciso anche se non dichiarato contrasto con ciò che è essenzialmente cristiano.



4. La Bibbia è un libro simbolico?
"Per queste cose i Giudei mi assalirono nel tempio e tentarono di uccidermi. Ma l'aiuto di Dio mi ha assistito fino a questo giorno, e posso ancora rendere testimonianza agli umili e ai grandi. Null'altro io affermo se non quello che i profeti e Mosè dichiararono che doveva accadere, che cioè il Cristo sarebbe morto, e che, primo tra i risorti da morte, avrebbe annunziato la luce al popolo e ai pagani".
Mentr'egli diceva queste cose in sua difesa, Festo disse ad alta voce: "Paolo, tu vaneggi; la molta dottrina ti mette fuori di senno".
Ma Paolo disse: "Non vaneggio, eccellentissimo Festo; ma pronunzio parole di verità, e di buon senno".
(Atti 26, 21-25)
Dunque Paolo ha anche rischiato la vita per parlare della resurrezione. Paolo afferma addirittura: "null'altro io affermo se non che [...] Cristo sarebbe morto e che, primo tra i risorti da morte [...]".

Null'altro! Vi sembra un linguaggio simbolico? Paolo avrebbe potuto spiegarlo ai suoi persecutori e dire loro che era un semplice modo di dire che Gesù aveva in un certo senso vinto se stesso. Sarebbe stato un discorso più normale e i suoi persecutori avrebbero capito.

Ancora:

E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti. Altrimenti, che cosa farebbero quelli che vengono battezzati per i morti? Se davvero i morti non risorgono, perché si fanno battezzare per loro?
(1 Cor 15, 29)

Se soltanto per ragioni umane io avessi combattuto a Efeso contro le belve, a che mi gioverebbe? Se i morti non risorgono, mangiamo e beviamo, perché domani moriremo.
(1 Cor 15, 32)

Altro è lo splendore del sole, altro lo splendore della luna e altro lo splendore delle stelle: ogni stella infatti differisce da un'altra nello splendore. Così anche la risurrezione dei morti: si semina corruttibile e risorge incorruttibile; si semina ignobile e risorge glorioso, si semina debole e risorge pieno di forza; si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale.
(1 Cor 15, 41-44)



Vi sembrano affermazioni simboliche? Tuttavia, è anche vero che Gesù Cristo ci ha parlato di una resurrezione interiore che avviene qui, su questa terra, che può avvenire ora, perché è proprio ora che l'umanità è morta a causa del peccato, e vive nel senso di smarrimento, nell'incapacità di andare oltre le illusioni, di andare oltre il proprio io, l'incapacità di amare fino in fondo.

Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio.
(Colossesi 3,1)
Esistono quindi 2 resurrezioni: una resurrezione spirituale ed una corporale. La Bibbia spiega e mostra questo chiaramente e in definitiva afferma:

Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell'arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo
(1 Tess 4, 16)
Paolo quindi parla di morti in Cristo e risorti in Cristo: in definitiva è la stessa cosa, chi è morto in Cristo è anche risorto in Cristo perché Cristo è storicamente morto e storicamente risorto. Risorgeranno i morti in Cristo: che cosa può significare se non che ci sarà in futuro un evento grandioso in cui coloro che hanno annullato il proprio IO e che hanno impostato la loro vita sulla roccia del Cristo, che cioè sono morti e risorti in Cristo, realmente e corporalmente risorgeranno?

Leggere la Bibbia è importante. Ancora più importante è leggerla bene e complessivamente.



5. La gnosi è conciliabile con il cristianesimo rivelato?
La gnosi è il cammino di ricerca personale che non si ferma al "sentito dire", ma vuole sperimentare in prima persona, vuole conoscere. Purtroppo, i movimenti gnostici nella storia si sono sempre proposti come vie alternative ed uniche al Padre, in contrapposizione alla Rivelazione. Sostituiscono i concetti chiave di ricerca alla rivelazione, di comprensione alla fede, di conoscenza all'impegno sociale. Così facendo, la gnosi diventa un campo che invece di liberare l'uomo lo imbriglia sempre più nel suo IO perché sostituisce concetti puramente umani a quanto ci è stato rivelato da Dio stesso.

I Rosacroce, ad esempio, nelle loro conferenze richiedono una certa dose di fede che loro definiscono "apertura". Avere fede significherebbe avere una certa dose di apertura, non essere troppo diffidenti. Di chi, di Dio? No, è sottinteso, diffidenti nei loro confronti e nelle loro dottrine. Ma è proprio questo il concetto di fede che ci richiede e ci propone la Bibbia?

La fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di cose che non si vedono.
(Eb 11, 1)
La fede è un fondamento. È il fondamento della nostra speranza. Non si può sperare senza aver prima sperimentato l'amore di Dio, altrimenti cadiamo nel fideismo, nell'irrazionalismo e nell'ingenuità. La fede è prova. La fede rende presente ciò che non si vede, ciò che non può essere materialmente toccato, come il pensiero, ma che è ugualmente presente e reale. La fede costituisce quindi per i cristiani una nuova sensibilità, un senso che ci mette in comunicazione con le realtà spirituali.

Ancora:

Per questa grazia infatti siete salvi mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio
(Ef 2,8)
La fede è il mezzo che l'uomo ha a disposizione per la salvezza. Fidarsi di Dio, affidargli la propria vita operando un decentramento, spodestando il mio IO, è l'unico mezzo per raggiungere la Vita Eterna. Fede, dunque come mezzo salvifico.

Poiché in Cristo Gesù non è la circoncisione che conta o la non circoncisione, ma la fede che opera per mezzo della carità
(Gal 5,6)
Quando siamo esseri rinnovati in Cristo una sola cosa conta: la fede operante. La fede vera spinge verso l'amore, spinge verso il sociale. Non ti fa chiudere in te, nella tua stanzetta, ma ti apre anche verso il mondo, con una forza mai sentita prima, ti rende operoso, attivo e non amorfo. Fede non è un insieme di conoscenze o un culto, ma un rapporto vitale e ravvivante con Dio fonte di amore, di vita e di giustizia. È in questo rapporto che cresciamo, ci sviluppiamo come cristiani e che camminiamo, camminiamo sempre.


Dunque la fede non è solo "un po' di apertura" verso dottrine umane. Nella gnosi rosacrociana non ha senso attribuire alla fede altro valore, dal momento che l'unico agente operante sei tu, la forza dello Spirito tutt'al più "viene in aiuto", ma un aiuto non è l'essenza.



6. Gesù Cristo è solo una forza?
I Rosacroce affermano che Cristo sarebbe "una forza" che si sarebbe manifestata nella storia in forma umana nella persona di Gesù di Nazaret.

"Si può dire che il Cristo fu inviato dalla Fraternità Universale nel nostro campo di vita non come un sublime maestro, ma come un essere sovraterrestre, un potenziale permanente di Forza e di Luce. Per assolvere il suo compito discese sulla Terra come essere umano. Una volta trascorso nel grembo di Maria tutto il processo che precede la nascita terrestre, si risvegliò come Gesù di Nazareth nel mondo dello spazio e del tempo, unendosi così pienamente alla nostra umanità caduta e ricollegandola all'ordine divino".
Che dire? Si rimane spiazzati. Dio è stato sostituito dalla "Fraternità Universale". Gesù sarebbe una forza apparsa in forma umana. Secondo i Rosacroce, Gesù non ha vinto il peccato, ma ha "ricollegato la nostra umanità caduta all'ordine divino". Non sono altri modi di dire la stessa cosa. Sono altri modi per dire altre cose, ossia falsità mascherate da teologia dotta. Gesù sarebbe diventato una specie di extra-terrestre, un sovraumano la cui umanità, il cui essere profondamente uomo viene svilito e annullato. Altra cosa la teologica cristiana rivelata, in cui Cristo è vero Dio e vero Uomo, non mezzo Dio, non mezzo uomo, non luce soltanto divina, non maestro soltanto umano, non solo Dio, non solo uomo, ma contemporaneamente e completamente Dio e contemporaneamente e completamente uomo con tutti gli attributi umani ad eccezione del peccato.

Egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato.
(Eb 4,15)
Può essere tentata o messa alla prova una "forza"?

Gesù non fu mai soltanto una forza, ma un "qualcuno" con cui condividere il proprio cammino di rinnovamento interiore, come i discepoli sulla strada di Emmaus:

In quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto.
Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro.
Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. Ed egli disse loro: "Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?". Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: "Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?".

Domandò: "Che cosa?". Gli risposero: "Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l'hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l'hanno visto".

Ed egli disse loro: "Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?". E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.

Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: "Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino". Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. Ed essi si dissero l'un l'altro: "Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?".
(Lc 24,13-32)

In questo bellissimo brano Gesù Cristo neanche dopo la resurrezione si presenta semplicemente come forza. Gesù appare con un corpo trasfigurato, un corpo che può essere riconosciuto solo con gli occhi della fede, ma pur sempre un corpo. Gesù torna sulla strada, cammina con i discepoli. Mangia con loro. La forza è qualcosa di passivo, è qualcosa che agisce nella misura in cui io me ne approprio. Al contrario, Dio-persona è un qualcuno, qualcuno che ha la capacità di rendermi auto-cosciente nella misura in cui ho una RELAZIONE con Lui, nella misura mi lascio appropriare.

Gesù come ci ha presentato Dio? Come una forza? Come luce? No, come Padre. Padre non è niente se non un titolo di relazione. Non dice la sua essenza, dice che vuole essere in relazione con me, come un padre con il figlio. I Vangeli ci parlano di Gesù come "luce": Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo (Gv 1,9).

Di nuovo Gesù parlò loro: "Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita".
(Gv 8,12).
Quando Gesù parla di luce riferendola a se stesso non intende dire che egli sia una luce. È un modo di parlare figurato: Gesù intende quanto spiega subito dopo, vale a dire che chi fonda la sua vita sulla sua Parola, chi mette al centro il Cristo non camminerà nell'incertezza, nell'angoscia. Nel buio si sbatte, si rischia di farsi male. La luce rivela ogni pericolo, la luce mostra le cose come stanno. Nelle tenebre ogni illusione prende corpo. La luce è coscienza e consapevolezza. E tutto ciò è frutto del rapporto vitale che ci lega a Cristo, se noi lo seguiamo: ma occorre seguire Gesù, non la propria strada, occorre avere la pazienza e la fiducia di seguirlo senza anticiparlo. Con calma, con serenità. Ecco perché Gesù è la luce del mondo. Ma ciò non significa che l'essenza di Cristo sia la luce, che Cristo sia dunque solo una forza, per quanto divina.

Nella sua esistenza terrena Gesù Cristo ha pianto di fronte alla morte di Lazzaro. È arrivato a momenti di sofferenza intensissima nel Getsemani, prima di essere catturato. Ha vissuto con gli apostoli come maestro e come uomo, fino in fondo, eccetto che nel peccato. Ha vissuto quindi una vita limpida, cristallina, aperta.

Anche dopo la sua resurrezione Gesù Cristo si presenta come uomo, trasfigurato, ma uomo, che parla con gli apostoli, li incoraggia, sta loro vicino, mangia con loro. Perché? Perché non era una forza, ma un Qualcuno.

Se è vero che Dio è l'Inconoscibile, l'Indicibile, è vero a maggior ragione che possiamo dire di Lui solo quanto Lui stesso ci ha rivelato attraverso le Sacre Scritture. E la Chiesa da sempre lo ha riconosciuto vero Dio e vero Uomo con parole che non riescono ad esprimere pienamente e razionalmente il suo essere. Ma la Bibbia è chiara come sempre: non esiste alcuna forza cristica, esiste Gesù Cristo che è stato Gesù prima e dopo la sua vita terrena. Ed è stato Cristo prima e dopo, da sempre.



http://camcris.altervista.org/rosacroce.html

giovedì 16 aprile 2009

LA ROSACROCE E LA MASSONERIA

ROSA CROCE
LA MASSONERIA



Può sembrare paradossale, ma per stabilire quanto il movimento della Rosa-Croce possa aver influito sulla nascita della Massoneria moderna si deve appurare in primo luogo se i Rosa-Croce... siano mai esistiti o, più correttamente, se siano esistiti come un organizzazionc strutturata.
Sull'ambiguità di questa problematica sono concordi tanto gli storici di formazione accademica quanto quelli di impostazione esoterica, nonché i più rigorosi tra gli storici massoni.
I primi sono costretti a sospendere il giudizio per diversi motivi: prima di tutto per la mancanza di documenti attendibili che attestino l'esistenza di una società segreta rosacrociana; in secondo luogo per la possibilità di leggere i`manifesti"e le Nozze chimiche di Andreae come una proposta di rinnovamento insieme scientifico, religioso e politico lanciata da un gruppo di persone "illuminate" contingentemente formatosi nel periodo cruciale per l'Europa, tra la morte di Elisabetta I e l'inizio della guerra dei Trent'anni in Europa; infine per l'eccesso di "rumore„ provocato, in contraddizione con l'istanza della segretezza.
Gli esperti di materie esoteriche distinguono tra Rosa-Croce e Rosacrociani: «I veri Rosa-Croce non costituirono mai un'urganizzazione con forme esteriori definite [...], perché il termine Rosa-Croce è propriamente la designazione di un grado iniziatico effettivo, vale a dire di un certo stato spirituale il cui possesso evidentemente non è legato in modo necessario al fatto di appartenere a una certa organizzazione definita. Quello che esso rappresenta è ciò che può chiamarsi la perfezione dello stato umano, poiché il simbolo stesso della Rosa-Croce figura, per i due elementi di cui é composto, la reintegrazione dell'essere al centro di questo stato e la piena espansione delle sue possibilità individuali a partire da questo
centro» (R. Guènon Considerazioni sulla via iniziatica).
Gli esperti di Massoneria sono più possibilisti, ma comunque esitanti a prendere una decisa e precisa posizione: «Non è ben chiaro se i Rosa-Croce, nel Seicento e oltre, costituissero una comunità reale, dedita a un ideale pansofico, alla trasmissione alchemica, all'esoterismo cristiano e alla terapeutica spagirica, o se semplicemente tale denominazione, peraltro altamente suggestiva, indicasse una modalità, uno stato di realizzazione, un impulso sotterraneo inteso a far lievitare potentemente l'intuizione del sublime in un mondo ormai avviato, dal Rinascimento in poi, a una progressiva disintegrazione del Sacro, ovvero a un suo allontanamento dall'orizzonte dell'uomo» (M.Moramarco Nuova Enciclopedia massonica, 1997).
Se si accoglie l'invito di Guènon a distinguere tra Rosa-Croce e Rosacrocianesimo, l'omogeneità tra i tre indirizzi di pensiero presi in considerazione nel valutare la questione dei rapporti tra Rosacrocianesimo, e Massoneria viene meno. Il problema diventa infitti solo quello di poter stabilire quando, come e dove la Massoneria è nata, e a questo punto ci si imbatte in un'ulteriore ridda di problemi posti da una letteratura sterminata e contradditoria.
Per semplificare si ricorderà che già nel corso del 1600 in Inghilterra e Scozia varie Logge (associazioni corporative di °Liberi-Muratori°, con statuti interni e un simbolismo più o meno connotati dalle tradizioni locali) incominciarono ad accogliere nobili colti (Massoni Accettati) che alcuni identificano come membri della Rosa-Croce.
Sappiamo che Elias Ashmole, nel 1646, fu ammesso in una loggia a Warrington, nel Lancashire. Sir Robert Moray, che aveva interessi culturali affini a quelli di Ashmole, nel 1641 era stato analogamente accolto in una Loggia di Edimburgo (ed è questo l'anno oltre il quale non si hanno prove sull'esistenza della Massoneria speculativa). Sappiamo anche che i due aristocratici furono tra i fondatori della Royal Society, e che ebbero in qualche modo a che fare con il movimento rosacrociano.
A questo punto alcuni colgono un cambiamento radicale nella Massoneria. G. Gangi, che sostiene che i Massoni accettati altro non erano che i Rosa-Croce, scrive: «Con l'entrata dei Rosacroce la Massoncria fu colta da un'ondata di rinnovamento, subendo delle profonde mondificazioni sia nel proprio rituale sia nel proprio esoterismo.[...] Si può dire che da allora la Massoneria si sia fatta continuatrice dell'esoterismo Rosacroce, assumendone anche i simboli ermetici più tipici quali il pellicano, l'aquila bicipite, la fenice che rinasce dalle sue ceneri. Da ciò che si è detto risulta, quindi, che fin dalla metà del secolo XVII la vera Società Rusacroce si è integrata nella Massoneria, la quale ne è stata fortemente influenzata».
Ma c'è qualcosa che non torna. Infatti fu solo il 24 giugno del 1717 che quattro Logge di Londra si riunirono per fondare la Grande Loggia Madre del mondo e sono questi la data e l'evento generalmente considerati all'origine della Massoneria moderna e la causa del progressivo prevalere all'interno dell'istituzione dell'orientamento speculativo su quello operativo del passato. Seguendo questo percorso sei anni dopo (1723) fu pubblicata quella che venne considerata la Carta della Massoneria moderna, Constitutions ("Costituzioni"), con la linea del pastore Anderson, e un gruppetto di "riformatori" si prese l'incarico di rivedere e rinnovare tutta una serie di vecchie norme (compreso il rituale). Se le date ricordate vengono assunte come dei punti di riferimento, inevitabilmente decade un'ipotesi espressa nell'ambito degli scritti massonici, vale a dire che i rosacrociani non fossero altro che massoni speculativi.
Ma resta comunque sempre valida l'ipotesi che i rappresentanti del movimento rosacrociano, o quantomeno "lo spirito" della loro "manifestazione", abbia costituito lo stimolo e l'impulso alla costituzione della Grande Loggia Madre del mondo di Londra.
Di questa opinione è A. Schmidt, nelle sue Considerazioni storico-ideologiche su Rosacrocianesimo e Massoneria: «L'idea di tolleranza è penetrata in Massoneria attraverso Andreae e Comenio. Un notevole contributo è derivato dall' atmosfera specifica del pensiero illummistico-deistico dell'Inghilterra del XVII secolo.[...] La Fratellanza universale umana progettata da Comenio anticipa l'idea massonica della catena d'unione fra i Fratelli di tutto il mondo».
Infine si deve fare un breve cenno sulIe analogie nella liturgia e nei simboli della Massoneria e in quelli attribuiti alla Confraternita dei Rosa-Crocre, analogie utilizzate da alcuni come prove per sostenere la continuità (sia di membri, sia di intenti) fra le due società. Riguardo a questo argomento P. Arnold scrive: «...De Quincey sostiene che i Rosa-Croce utilizzavano la maggior parte dei simboli esoterici adottati dai massoni che li avrebbero presi direttamente da loro: la scala di Giacobbe, il Sole, la Luna ecc. Ma sono simboli che i Rosa-Croce, e in particolare Maier, hanno adottato dagli alchimisti, che continueranno a usarli durante e dopo l'episodio della pseudo-confraternita. Era un fondo comune, una specie di patrimonio pubblico dell'esoterismo la cui adozione non prova nulla per la filiazione del movimento».

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LE ORIGINI DELLA ROYAL SOCIETY

ROSA CROCE: GLI SVILUPPI
LE ORIGINI DELLA ROYAL SOCIETY


Agli anni della guerra civile inglese e della rivoluzione puritana (1642-1648) seguirono una breve parentesi repubblicana e la dittatura di Cromwell (1653-1658), durante la quale non mancarono momenti di conflitto interno ed esterno alla nazione (per esempio la guerra contro l'Olanda). Malgrado tutto questo e il clima non certo favorevole, il dibattito intellettuale e scientifico in Inghilterra non si bloccò.
Si ha notizia di riunioni che si tennero nel 1645 allo scopo di discutere i possibili sviluppi della filosofia naturale e sperimentale a Londra e, con sistematicità, al Wadham College di Oxford (1648-1659). Delle riunioni londinesi fa menzione l'insigne matematico John Wallis (1616-1703), precursore del calcolo infinitesimale.
L'irlandese Robert Boyle (1627-1691), che viene considerato il fondatore della chimica moderna, accenna in una lettera scritta nel 1647 anche all'esistenza di un «Collegio Invisibile o (come si autodefiniscono) Filosofico» che nonostante la sua giovane età e inesperienza, lo avrebbe degnato di attenzione. Questo perché i suoi membri sarebbero stati «persone che si sforzano di cacciare le meschinità di spirito, predicando una carità così vasta da includere tutto ciò che è umano e che si accontenta solo della buona volontà universale. Infatti sono così timorosi di venir meno al loro buon fine, che s'interessano a tutta l'umanità». Pure se non è nominato come tale, il motivo dell'invisibilità e quello dell' amore per l'umanità fanno naturalmente pensare al movimento della Confraternita dei Rosa-Croce, anche se alcuni identificano questi gruppi con le prime Logge massoniche, forse infiltrate con elementi appartenenti ai Rosa-Croce. Di questo avviso è G. Gangi che così scrive: «Gli adepti rosacroce si versarono nelle Officine massoniche e, dopo essersi fatti accogliere come accepted Masons (Massoni accettati), si servirono del simbolismo della Massoneria operativa per propagandare i loro insegnamenti. La loro qualifica era quella di "Massoni simbolici e il loro lavoro consisteva nell'edificare il Tempio invisibile e immateriale dcll'Umanità». Ma non tutti condividono in pieno questa opinione.
Un altro personaggio dell'ambiente inglese di questo periodo, John Wilkins, scrivendo di meccanica, ricorda a proposito di una lampada per uso sotterraneo il `sole interno" rinvenuto nella tomba di



Rosencreutz. D'altra parte Wilkins non nasconde quanto abbia imparato da Robert Fludd nell'applicarsi appunto alla meccanica e da John Dee nello studio della matematica (Dee aveva scritto una penetrante ptefazione a Euclide).
Va ancora ricordato che, nel 1652 "Thomas Vaughan, che sembra godesse della protezione di sir Robert Moray (generale deIl' Armata Scozzese, che avrebbe avuto molto rilievo nella Royal Society, presiedendone le riunioni uffìciali), pubblicò una traduzione in inglese dei "manifesti" rosacrociani, a quasi quarant'anni di distanza dalla loro prima comparsa in Germania.
Gli scienziati ricordati facevano parte del gruppo che, nel 1660, assunse una forma istituzionale con la costituzione della Royal Society for the Advancement of Learning (Società Reale per il progresso del Sapere), e la sede fu spostata da Oxford nella capitale, al Gresham College. Una parte importante del lavoro della Società consisteva nel mantenere contatti e scambi culturali con gli studiosi sparsi nell' Europa. Questa "corrispondenza" veniva poi selezionata e raccolta nei Philosophical Transactions (il primo numero uscì nel marzo del 1665). La Società pubblicò inoltre, malgrado fosse spesso in ristrettezze finanziarie, numerosi trattati e libri di interesse scientifico d'avanguardia rispetto all'epoca: uno fra tutti Philosophiae naturalis principia mathematica ("Principi matematici della filosofia naturale") di Newton, in cui lo scienziato espose la sua teoria della gravitazione universale.
Il re Carlo II Stuart, cui (dopo varie vicissitudini) proprio nel 1660 era stata restituita la corona, accordò alla prestigiosa accademia scientifica il suo riconoscimento e la sua approvazione.
Ma fra i membri vi erano anche uomini che avevano militato nel partito parlamentare, o che avevano condiviso i progetti utopistici del periodo rivoluzionario. La necessità di cancellarne la memoria di fronte al sovrano e l'interesse conume per la scienza determinarono nei primi anni l'esclusione dai temi delle riunioni di argomenti "a rischio" quali la religione, il rinnovamento della società o la rifoma dell' istruzione.
E' anche probabile che su questi temi le posizioni non fossero unanimi e che la Società volesse prendere le distanze da personaggi come John Webster, un teologo puritano che aveva accolto con entusiasmo la filosofia dei manifesti rosacrociani ed espresso nel 1654 convinti apprezzamenti su Paracelso, Dee e Fludd, ritenendone il pensiero compatibile con quello di Bacone e caldeggiandone I'insegnamento nelle Scuole.
A seguito di ciò era nata negli ambienti intellettuali di opposta tendenza una campagna denigratoria Contro Dee in particolare, culminata nella pubblicazione postuma del suo diario spirituale (1559), che il prefatore additava a prova della sua «magia diabolica». Dall'altra parle della barricata bisogna invece sottolineare che, durante gli anni "caldi" della guerra civile inglese e anche in quelli successivi, non solo Webster ma anche molti altri intellettuali fecero una rilettura dei testi di Paracelso, Dee e Fludd cercando di far coincidere il "felice periodo dello Spirito" preannunciato da questi studiosi con quello che si sarebbe vissuto una volta cambiata la situazione sociale esistente,e dando alla Confraternita dei Rosa-Croce un ruolo decisivo nella dinamica degli avvenimenti. Ma, riguardo a ciò, scrive P. Arnold: Fludd sostiene infatti che sia i Tre Magi dell'antichità sia i Saggi di oggi, una volta chiamati Fratelli della Rosa-Croce, non avevano la facoltà di anticipare o di suscitare l'avvento del millennio o dello Spirito Santo. Solo Dio dispone del tempo e della sua gloria; fratelli rosa-croce, saggi e magi possono solo osservare i segni che egli manda ed interpretarli per predire gli avvenimenti futuri. Proprio questa seconda vista permette di profetizzare avvenimenti apocalittici, e per la sua stessa essenza non è patrimonio di una collegialità ma di individui che si sono sottoposti ad esercizi psichici e mistici speciali o dotati di una grazia particolare. Assimilando "Fratelli Rosa Croce, saggi e magi, Fludd, che aveva un'idea ben precisa di che cosa fosse l'ipotetica "Confraternita", sottolinea come meglio non potrebbe l'isolamento di quei "saggi".
Dal quadro rapidamente tratteggiato emerge la possibilità di ipotizzare una continuità tra la prima generazione della Royal Society e quella degli scienziati e dei filantropi attivi a Londra negli anni Trenta, almeno per quanto riguarda la loro formazione. Questa continuità fu d'altra parte avvertila da Comenio, che dedicò La via della luce, scritto a Londra in quegli anni e pubblicato ad Amsterdam sola nel 1668, alla Royal Sociely, definendone i membri come degli illuminati.

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MARCILIO FICINO E PICO DELLA MIRANDOLA

MARCILIO FICINO E PICO DELLA MIRANDOLA


Marsilio Ficino (1433-1499) è da considerarsi uno dei principali mediatori della filosofia ermetica, ma non è questo l'unico suo contributo alla trasformazione della visione del mondo e dell'uomo operata dal Rinascimento. Oggi sappiamo che i testi del Corpus hermeticum da lui tradotti nella certezza che risalissero tutti a Ermete Trismegisio sono da attribuirsi a più autori. Nel sincretismo culturale ellenistica di cui sono l'espressione è assai probabile che rientrassero anche influssi ebraici. Proprio certi echi del Genesi, nonché la menzione di un « Figlio di Dio», lo indussero a ipotizzare che l'antico sacerdote egizio fosse vissuto prima di Mosè, ritenuto autore del Genesi, e fosse dotato di virtù profetiche,al punto di vaticinare l'avvento di Cristo. In questo modo fece anche da mediatore tra la filosofia ermetica e la religione cristiana, elaborando una teologia nella quale l'influenza platonica soppiantò quella aristotelica, dominante nel Medioevo.
Al pensiero mistico-esoterico ebraico e più precisamente alla Cabala (Qabalah), che letteralmente significa "qualcosa trasmesso per tradizione", si accostò con grande interesse pure Pico della Mirandola (1463-1494), assiduo frequentatore della corte di Lorenzo il Magnifico, che gli diede protezione anche rispetto alla Chiesa, presso la quale era in sospetto di eresia. Un suo passo, tratto dall'Oratio de hominis dignitate ("Discorso sulla dignità
dell'uomo"), rende pienamente conto della concezione dell'uomo, nuova rispetto al presente ma recuperata dalla Tradizione, di cui fu un convinto portatore:
L'artefice supremo deliberò che colui al quale non poteva attribuire nulla in proprio avesse qualcosa in comune con tutti gli altri esseri. Formò dunque l'Uomo secondo un'immagine comune e, collocatolo nel mezzo del mondo, così gli parlò: "A te o Adamo, non assegnammo né un luogo determinato, né un aspetto particolare, né un tuo patrimonio esclusivo [...] La natura determinata degli altri esseri viventi è legata alle leggi da noi stabilite. Lorenzo il Magnifico
Lorenzo dè Medici, detto "il Magnifico". Raccogliendo l'eredità del padre Cosimo I, incoraggiò gli studi umanistici e favorì il formarsi di un fermento culturale che portò a una grande sintesi di molti saperi esoterici diversi.


Tu non sei costretto invece da alcun limite: te lo porrai secondo la libera volontà che io ti conferisco"...» Dalla citazione si ricava l'idea che la "dignità" dell'uomo coincida con la possibilità, oggetto di una scelta, di gestire autonomamente 1'esperienza del"limite"e quindi,in ultima analisi, di porsi l'obiettivo di una conoscenza illimitata. Ma la conoscenza illimitata è prerogativa della divinità: da qui l'interesse di Pico della Mirandola per la Cabala che, come precisa G. Scholem, che ne è uno dei massimi esperti, presenta un aspetto mistico (percezione di Dio attraverso la vera vita religiosa), un aspetto teosofico (accesso al mistero della relazione tra Dio, la creazione e l'uomo) e un aspetto esoterico (stretta vigilanza sulle conoscenze acquisite e ricorso a simboli e metafore come strumenti di trasmissione entro una stretta cerchia di iniziati).
Va ancora sottolineato che, per Pico della Mirandola, il tema della libertà dell'uomo rivestì un'importanza nodale. Questo è il motivo per cui si batté contro il rinnovato interesse dei dotti suoi contemporanei per l'astrologia, che pure ha un'importanza fondamentale nei saperi tradizionali. L'idea che dei corpi materiali, quali sono gli astri, potessero esercitare un'influenza sulla vita dell'uomo, che ha in sé tutte le potenzialità dello spirito, gli pareva infatti ripugnante rispetto all'immenso dono di Dio che aveva voluto creare Adamo arbitro del proprio destino.
Pico della Mirandola (1463-1494)
Fu uno studioso appasionato, e non solo della Cabala: secondo quanto è stato tramandato, all'età di diciotto anni parlava già ventidue lingue e a ventitrè propose per una discussione pubblica a Roma ben novecento tesi su ogni ramo dello scibile.


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AGRIPPA VON NETTESHEIM E PARACELSO

AGRIPPA VON NETTESHEIM E PARACELSO


L'Umanesimo, di cui è fuori discussione che la gestazione ebbe luogo sostanzialmente in Italia, dilagò anche in Europa. Le istanze esoteriche di cui era portatore furono accostate dal dotto tedesco Heinrich Cornelius Agrippa von Nettesheim (1486-1535), che due anni prima della morte pubblicò il De occulta philosophia ("La filosofia occulta").
L'opera è densa di riferimenti agili scritti ermetici e alla Cabala.
Il sapere magico, considerato la suprema delle dottrine, è inteso come quello in grado di includere la fisica e la medicina (conoscenza del mondo elementare, in una concezione gerarchica dell'universo di cui rappresenta il livello inferiore), la matematica e l'astrologia (conoscenza del mondo celeste o astrale, sovrastante quello elementare o terrestre), infine la teologia (conoscenza del mondo angelico o intellettuale, il più elevato dell'universo, attraverso il quale è possibile accedere all'intelligenza o virtù superiore divina).
Ognuno dei due mondi riceve influssi da quello superiore. La suprema virtù divina, per tramite delle virtù angeliche, trapassa al mondo intellettuale, da questo agli astri e infine dal cielo alla terra.
Lo scopo della magia è quello di compiere il percorso inverso. Essa consente anche di sfuggire al determinismo astrologico, perché il mago, come acquisisce il potere di controllare e dominare le forze naturali, può agire nello stesso senso anche sugli influssi delle stelle.
Agrippa distinse anche un uso buono e lecito della magia, per il quale è indispensabile una solida preparazione religiosa (il giusto fine è infatti quello di raggiungere il mondo angelico), da un uso perverso, finalizzato all'acquisizione di potere personale, come accade nella stregoneria. Spirito irrequieto, Agrippa girò in lungo e in largo per l'Europa. Visse in Spagna dove era facile recuperare testi esoterici orientali, in Italia (a Pavia si laureò in legge e medicina) e in Francia. Sembra che a Parigi dove si addottorò in teologia, Agrippa diede vita a una cerchia che si proponeva la riforma spirituale del mondo, oltre che la mutua assistenza tra gli adepti.
Emerge così un aspetto importante della cultura rinascimentale: la presenza di una forte aspirazione al rinnovamento religioso che dilagata oltre le barriere della ricerca individuale o di èlites esoteriche, avrebbe più tardi preso corpo nei movimenti protestanti.
L'Ermetismo rinascimentale conferì anche una ripresa vitalistica all'alchimia, che era d'altra parte il tema di alcuni trattati del Corpus hermeticum.
Forse il maggiore esponente della nuova alchimia fu Paracelso, al secolo Teophrast Bombast von Hohenheim (1493-1541), un bizzarro medico bavarese di origini aristocratiche che, dopo aver viaggiato anche lui come Agrippa in tutta Europa, visse gli ultimi mesi della sua vita sotto la protezione del principe-arcivescovo di Salisburgo. Eppure pur perseguendo conoscenze esoteriche Paracelso assegnava, come Leonardo, una grande importanza all'esperienza. Nella pratica medica infatti riteneva preziose le conoscenze acquisite dalla medicina popolare e sosteneva che «chi vuole conoscere molte malattie deve viaggiare molto».
Fra l'altro sosteneva di aver messo a punto un elisir a base di oro potabile e di avere creato un homunculus, vale a dire l'uomo artificiale [forse un'allegoria della cosiddetta "Pietra filosofale", il cui Possesso e per gli alchimisti determinante per la realizzazione della Grande Opera). Fra le varie teorie esoteriche sostenute da Paracelso, una in particolare sarà ripresa nei manifesti rosacrociani: la fine dell' epoca della razionalità e il ritorno al regno dello spirito, alla Notte dei sensi. Nel suo trattato La Prognostication scrive: «Ci sarà un rinnovamento e una trasformazione che ci renderà come bambini che non sanno nulla dell'esperienza e dell'astuzia dei vecchi [ ... ]. Chi sarà tranquillo come un bambino vivrà felice, infatti il sapere umano genera solo inquietudine e sofferenza».
E infatti è attraverso la sofferenza del sapere che si raggiungerà l'oblio, il vuoto dell'illuminato, e chi nascerà dopo sarà puro e semplice come un bambino. Del resto in molti testi esoterici vengono riportate le parole di Cristo: «In verità io vi dico che chiunque non avrà ricevuto il regno di Dio come un piccolo fanciullo, non entrerà punto in esso» (dal Vangelo di san Marco).
Ma come per arrivare nel regno di Dio bisogna affrontare la morte, così per vivere qui, sulla Terra, il regno dello Spirito è necessario fare finire prima quello attuale imperfetto: Paracelso, seguendo il tracciato di mistici venuti prima di lui (fra cui è doveroso ricordare Gioacchino da Fiore che ebbe una vita molto simile a quella di Cristian Rosencreutz raccontata nelle Nozze chimiche, annuncia prove apocalittiche, penitenze e mortificazioni per prepararsi all'avvento della nuova era. Tutto ciò sarà ripreso dai "manifesti" dei Rosa-Croce: creare un movimento di giusti che, in mezzo a cambiamenti epocali, si prepareranno per una necessaria riforma sociale e spirituale.
Secondo F.A. Yates (L'illuminismo dei Rose-Croce) «la fase più tarda della tradizione ermetica, in cui l'alchimia e la medicina di Paracelso si mescolano con altri elementi, può essere definita approssimativamente "fase rosacrociana"». E precisa: «Per parte mia, uso il termine "rosacrociano' per un certo modo di pensare che è riconoscibile storicamente, senza sollevare il problema se i pensatori di tipo rosacrociano appartenessero a una società segreta».

Agrippa e l'alchimista
Agrippa, a causa delle sue dottrine "cabalistiche"non precisamente in linea con la posizione ufficiale della Chiesa, ebbe una vita travagliata, sempre sotto gli occhi inquisitori del Papato. Quando poi la sua benefaricce e protettrice Margherita d'Austria morì, si rirtrovò solo e in miseria (tanto da finire in carcere).Fu probabilmente questa sua triste situazione che gli ispirò l'amaro ritratto dell'alchimista che appare nel suo ultimo libro, De incertitudine et vanitate scientiarum, in qui critica tutte le scienze del suo tempo ritenedole assurde e piene di vanità: «Quando attende la ricompensa del suo lavoro,ossia l'oro,la giovinezza e l'immortalità, dopo tutto il tempo impiegato e gli sforzi compiuti, ormai vecchio,stracciato, ricco soltanto di miserie e ridotto in condizioni tali da vendere la propria anima per quattro soldi, finisce con cadere in disgrazia ed essere accusato di falsificare il denaro».

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Riflessioni intorno ad una Scienza Ritrovata : L'Alchimia

Alchimia
Riflessioni intorno ad una Scienza Ritrovata
Di Fabrizio Tonna PhD
The ARS Regia Society – International Institute for Scientific Research in Alchemy and Spagyria
Parte I

La trattazione di un argomento complesso come l’Alchimia implica non solo un bagaglio di conoscenze teoriche non indifferenti ma altresì una sperimentata esperienza di tipo pratico che non si riduce quindi ad uno sterile riassunto compendiato di nozioni elementari.
Ecco perché spesso la descrizione di cosa è l’Alchimia, delle sue origini e dei suoi principi, nonché la sua contestualizzazione e attualizzazione nel panorama contemporaneo, rischia di essere profondamente riduttiva. Il tutto tende a ridursi spesso a scelte di campo non sempre coerenti con le accreditate fonti storiche e gnoseo-epistemologiche di questa Scienza millenaria. Accanto alle esposizioni rigorose dallo squisito sapore accademico, ma spesso privilegianti un solo aspetto del problema, si presentano molte volte visioni puerili tipiche di una certa tuttologia da Babele telematica oggi tanto in voga, ove il Sacro è mescolato al Profano senza una precisa individuazione dei rispettivi valori di contenuto.
Di fronte a questa forte frammentazione, coloro che desiderano avvicinarsi a questo tipo di sapere spesso incappano in newsgroups o mailing list in cui in cui il sincretismo la fa da padrone e in cui la confusione dei ruoli è particolarmente accentuata. E’ per questo che eviteremo di presentare un lavoro come tanti ovvero la solita trattazione di storia sintetica, presa qua e là in pubblicazioni superficiali, così come eviteremo una trattazione elementare dei principi dottrinali secondo scelte interpretative che poco hanno a che fare con la realtà. Consci del fatto che l’Alchimia è ben lungi dall’essere appannaggio di circoli esoterico-iniziatici, di fratellanze mistico-religiose e di gruppi precostituiti, realtà ove è sufficiente pagare una prebenda per essere ammessi e ricevere una qualche sorta di iniziazione, vedremo di comprendere i contenuti e lo statuto epistemologico dell’Alchmia a partire dal suo agire pratico. Tale premessa è tradotta in un metodo strutturalmente collocato caratterizza un’affermata Disciplina la cui caratteristica fondamentale è quella di essere innanzitutto una perfetta sintesi tra Sapere filosofico e Conoscenza scientifica, il cui metodo è rimasto invariato per millenni pur arricchendosi di tecniche e metodologie di ricerca.

Benché lungo l’asse di oltre 5000 anni di Storia essa abbia subito una serie di significative rivoluzioni e rotture epistemologiche, nonché adattamentei al suo interno (un esempio sono le applicazioni come la Metallurgia e la Spagyria), è solo a partire dal XIX secolo che assistiamo al proliferare di numerose scuole di pensiero che ad essa si ispireranno senza però averne compreso nè il senso ultimo nè il fine, così come senza averne mai affrontato il momento operativo fondamentale: il Laboratorio.
L’appropriazione indebita che l’Alchimia subì ad opera dei gruppi iniziatici ed esoterici sorti dall’inizio del XIX secolo fin verso l’inizio del XX secolo, provocò un fenomeno del tutto inaspettato e per certi versi contradditorio. Da un lato assistiamo ad un danno non indifferente rappresentato dall’interpretazione esoterico-occulta secondo cui detta Disciplina è di tipo iniziatico e quindi riservata solo alla trasmissione della conoscenza conservata in aggregazioni di varia natura ispirate ad una matrice filiativa; dall’altro lato, assistiamo invece ad uno stimolo forte verso tutti i seri Ricercatori e verso il mondo Accademico che si impegnano in uno studio più profondo del problema e quindi ad una affermazione della stessa Disciplina come pensiero indipendente rispetto al pensiero esoterico più in generale.
Tuttavia, in entrambi i casi si assiste fino ad oggi all’ipostatizzazione di tre erronee interpretazioni dell’Antica Ars Regia, tutte incoerenti con la reale origine storica e con il reale contenuto gnoseologico alchemico. Vedremo in questa prima parte del nostro lavoro di comprendere in modo approfondito le singole affermazioni e di contestualizzarle nel migliore dei modi, per poi restituire la vera identità all’Alchimia Tradizionale al fine di una migliore comprensione.

La prima erronea visione deriva da molte scuole contemporanee di ispirazione Junghiana e neo-Junghiana, tendenti per lo più ad affermare che l’Alchimia non ha nulla a che fare con la moderna Chimica e con qualunque sua forma arcaica, almeno da un punto di vista meramente essenziale. Questo sarebbe vero in parte se poi i sostenitori di tale tesi non affermassero subito dopo che l’Alchimia è a tutti gli effetti una sorta di “psicologia spirituale” velata nel suo linguaggio per mezzo di un simbolismo chimico di matrice arcaica. Questo concetto è basato su due premesse:
Che la letteratura alchemica tradizionale menziona concetti sia spirituali che psicologici in forma arcaica, così come concetti di chimica antica
Che tali concetti di chimica antica rappresenterebbero tuttavia solo un guscio di protezione rispetto ai primi e più autentici principi. In poche parole, il simbolismo chimico arcaico nella letteratura alchemica è puramente crittografico ed è stato volutamente concepito per nascondere conoscenze più segrete relative ad intuizioni sui principi di individuazione che altrimenti sarebbero state considerate eretiche.
Tale interpretazione tuttavia ha diversi punti deboli, primo tra tutti una scarsa conoscenza del panorama bibliografico dell’Alchimia Tradizionale. L’errore infatti è stato quello di aver privilegiato la lettura di testi pesantemente simbolici, di scuola teorica e/o poetica a quelli pratici che risulterebbero al contrario in maggiore percentuale. Inoltre, la preoccupazione della moderna psicoanalisi fu quella di decifrare il materiale iconografico a corredo del testo più del testo stesso. Gli Alchimisti del passato avevano tutta’altro scopo che non quello che vorrebbero gli Junghiani, e se esso non fu la trasmutazione dei metalli vili in oro fu certamente quella di indagare la Natura e non la psiche.

Vi sono poi correnti di pensiero originate dalla scuola occultista occidentale che prese origine dai movimenti teosofici della fine del XIX secolo e che si protrassero, frammentandosi in diversi altre correnti, per gran parte del XX secolo. Prevalentemente di origine anglosassone, queste scuole dettero origine in Europa a diversi movimenti magico-occulti (Golden Dawn, OTO, scuola Telemita, etc.), e alcuni di essi penetrarono anche in Italia influenzando Autori come G. Kremmerz e altri che dettero origine a diversi movimenti ermetici. Secondo questa corrente di pensiero l’Alchimia sarebbe essenzialmente Magia sessuale tradizionalmente velata da un simbolismo chimico arcaico. Pertanto le operazioni descritte sono il risultato di processi corporei e non di un sistema di indagine della Natura. Tale concetto deriva da una strumentalizzazione del simbolismo alchemico al fine di rendere tecniche di matrice tantrica (anch’esse male interpretate dall’occultismo contemporaneo) più digeribili per il mondo occidentale. La giustificazione di questa scuola si appoggia sul fatto che nei testi sono presenti molteplici riferimenti alla copulazione dei Principi maschile e femminile, riferimenti ancora più volte giustificati da una certa ricorrente iconografia. Ovviamente, l’errore di fondo tipicamente gnoseologico, fu quello di prestare fede ad una percentuale realmente esigua di testi (solo il 2% della totalità conosciuta e documentata), proprio come fu per i seguaci della scuola psicoanalitica da Jung in poi, e di non contestualizzarli in un ambito più ampio e del tutto analogico ad operazioni di laboratorio.
Altra scuola di pensiero, più che altro risultato di un sincretismo privo di ogni fondamento scientifico e storico, è la moderna tendenza New Age che vedrebbe l’Alchimia come una conoscenza arcana, una filosofia avvolta di mistero da copertina, comunicata da entità extraterrestri e contenente dei messaggi relativi alla fine dei tempi ed esortazioni per migliorare noi stessi e creare un mondo migliore. Questa corrente spesso variegata per modi e contenuti, ma tipica di un pensiero puerile e poco serio propone una certa serie di “Alchimie di trasformazione” basate su Reiki, Channeling e altre discipline di dubbia origine storica e prive di fondamento documentario. Gli aderenti a questo genere di pensiero sono spesso privi di ogni conoscenza e/o nozionistica anche superficiale in merito al problema. Ovviamente, sia l’origine di tali interpretazioni sia la loro contestualizzazione non merita ulteriori approfondimenti, essendo spesso il risultato di un sistema privo di ogni valore intrinseco.

Ma cosa ha portato a tutto questo e come possiamo recuperare il valore oggettivo dell’Alchimia. L’errore che per anni si è commesso, nei milieux della cultura alchemica “da salotto”, è l’estremizzazione di principi e concetti relativamente al giusto indirizzo della Scienza Alchemica. Da un lato si è assistito alla lettura di una Disciplina il cui unico scopo fosse la trasmutazione dei metalli vili in oro, attraverso operatività di tipo prevalentemente Spagyrico (o peggio ancora Archimico) il cui contenuto fosse privo di dati empirici e risultato della pura improvvisazione; dall’altro lato, si assisteva ad una visione spiritualista, filosofico-occulta, ove l’Alchimia era risultato di un processo iniziatico e quindi magico-simbolico in cui ogni significato doveva essere ricondotto ad una finalità di tipo immaginale. Quest’ultimo sistema, come abbiamo già accennato, diede anche l’avvio alle cosiddette Scuole Hermetiche, una delle aberrazioni più deleterie che gli anni tra il XIX e il XX secolo avessero potuto mai produrre.
Il fatto è che entrambe queste visioni sono da considerarsi errate. A più riprese i maggiori storici dell’Alchimia e i maggiori Epistemologi ci hanno dimostrato il contrario. Basta chinarsi sul lavoro monumentale di Joseph Needham (1900-1995), Science and Civilisation in China (Cambridge 1954), per accorgersi di quanto l’Alchimia fosse ad un tempo Scienza e Filosofia e quanto essa fosse in realtà lontana da ogni presupposto iniziatico o di aggregazione magico-religiosa. Lo stesso dicasi per gli stessi sostenitori di un certo spiritualismo alchemico, che troverebbero sicuramente in David Gordon White, autore di The Alchemical Body (The University of Chicago Press, 1996) la totale confutazione dimostrata alle loro teorie vuote di significato. Certo il simbolismo e il linguaggio sembrerebbe restituire il contrario, ma in ogni caso l’Alchimia non è esperienza mistica, non è religione, non è sapere esoterico-iniziatico.

Lo stesso dicasi per le chiavi interpretative, per le quali il metodo suggerito è il CODICE, il quale tutt'altro che occulto, attraverso i suoi moduli universali, attraverso la sua modalità di espressione-interpretazione dinamica e attraverso la comunicazione di una chiave multiforme capace di una molteplice attribuzione, è il solo in grado di rivelare il contenuto intrinseco del testo. Da ciò deriva la necessità del testo originale, quale piattaforma di ricerca essenziale. Ricerca che in ogni caso non proseguirà mai separata dalla pratica di laboratorio, elemento di verifica essenziale e strumento di progresso nell’acquisizione del metodo.
Il punto è che l’Alchimia è stata trasmessa attraverso un sistema codificato che presuppone lo shock di una trasmissione diretta. Tuttavia tale consegna del dato si realizza ad un livello altro da una comunemente intesa trasmissione da Maestro a Discepolo. L’iniziazione è rappresentata in Alchimia dalla pratica stessa e si sviluppa essenzialmente come dimostrazione dello Stato Naturale dei Tre Regni che coinvolge il Praticante in tutte le sue categorie interne ed esterne.
Dopo questa fase è necessario capire se si è ricevuto qualcosa oppure no, controllando, attraverso l’agire pratico, se si possiede una perfetta comprensione dello Stato Naturale dei Tre Regni. L’esperienza dello Stato Naturale dei Tre Regni è in sè l’iniziazione e nessun Maestro (vero o presunto tale) può consegnarla.

Lo scopo propedeutico degli Antichi era quello di introdurre tutto attraverso un metodo immediato, così come si trova, senza ulteriori processi filosofici e/o iniziatici. Il linguaggio simbolico era una fase successiva, un linguaggio tecnico poiché all’epoca non erano presenti altre categorie di espressione e il vocabolario scientifico si componeva di termini analogici. In questo modo erano garantite sia l’integrità del dato, sia la continuità del lignaggio. Questo peculiare lignaggio caratterizza l’Alchimia al di là delle varie interpretazioni che essa ha subito nel corso dei secoli e l’ha preservata da processi di degenerazione interna. Le errate interpretazioni che dettero origine alle varie alchimie sono solo il risultato di genesi esterne e non di una depauperazione della Dottrina. L’effetto della trasmissione diretta è analogicamente lo stesso di un lampo di luce che impressiona la retina, al punto che la mente registrando l’informazione non smette di ritrasmetterla ciclicamente ai neurorecettori come un fosfene permanente.
La conoscenza si manifesta in Alchimia come atto spontaneo. L’Alchimista non ha bisogno di meditare o contemplare, non deve appartenere a gruppi iniziatici, massonici, esoterico-magici; gli è sufficiente prendere una ferma decisione. Per mezzo di tale decisione è liberato nello Stato Naturale dei Tre Regni e quindi inizia a comprendere. I testi parlano per lui, sembrano stati scritti per lui. L’atto preliminare di ogni entrata in Alchimia è una opzione fondamentale nella quale il praticante si riconosce come appartenente a quel lignaggio. La Pratica e la Teoria non figurano come elementi distinti o atti in sequenza operativa, ma sono il frutto di un simultaneo riconoscimento dell’agire nello Stato Naturale dei Tre Regni. Per questo motivo non esiste un’Alchimia Speculativa e un’Alchimia di Laboratorio. Esiste l’Alchimia, ovvero una Scienza il cui fine è la Corporificazione della Luce nell’identità concreta del Pharmaco Catholico, per la realizzazione dell’atto palingenetico universale che porta alla simultanea immortalità fisica e spirituale in una realtà transubstanziata.

La vera natura dell’Alchimia è nell’ isolamento e successiva unificazione dei Principi costitutivi della Materia e dell’Energia, la loro elaborazione per il perfezionamento e l’acquisizione della Corporificazione della Luce di cui abbiamo pocanzi detto. In effetti, in Natura nulla deve essere sottoposto a modifica e/o perfezionamento. La logica alchemica è oggettivamente altro dalla logica gnostica, ciò che porta sicuramente a contraddizione molte teorie che vogliono l’Alchimia come ulteriore elaborazione dei principi della Gnosi. Primo tra tutti è il principio per cui nella Gnosi la Materia è qualcosa di corrotto ed opera di un Demone, mentre per l’Alchimia l’unico mezzo attraverso cui è possibile realizzare la Redenzione Palingenetica.
Contrariamente a quanto si è creduto per secoli, l’Alchimia non è una somma di processi volti al perfezionamento della Natura, in quanto realtà decaduta e non riscattabile. In Natura tutto è già presente, è solo sufficiente portarlo allo scoperto, nella Luce dello Stato Naturale dei Tre Regni. In una parola: perfeziono solo il mezzo, mentre il fine rimane puro nel suo stato naturale. Vi è poi una profonda interazione tra i meccanismi ermeneutici e la dinamica della Tradizione. Se volessimo sintetizzare il significato e il carattere della Tradizione alchemica, potremmo dire che:
si tratta di una Tradizione viva che si esprime in varie forme: Tradizione orale, plastico-visiva, letteraria minore e maggiore, mitica, poetica e interpretativa-attualizzante, tutte in forte interazione tra loro;
si tratta di una Tradizione che già nel suo formarsi manifesta una coscienza piena della canonicità operativa e sperimentale. La coscienza della canonicità interferisce costantemente nella formazione letteraria e artistica stessa dei testi classici. Essi, siano immagini che letteratura, scaturiscono direttamente dall'autorità dell'esperienza di Laboratorio anche se spesso non totalmente giunta ai risultati finali e definitivi;
l'ambiente di questa multiforme Tradizione è la vita stessa dell'Alchimista, le sue scelte esistenziali definitive, il proprio grado di maturazione spirituale e tecnico-scientifica, il resoconto dei contenuti della Ricerca;
il contenuto della Tradizione è determinato fin dall'inizio da una profonda coscienza dell'Elezione speciale al rango di Inquisitore di Scienza ; viene poi arricchito grazie alla profonda e ostinata ricerca sperimentale; subisce reinterpretazioni ed evoluzioni di metodo grazie alla progressione feconda espressa dai risultati concreti di Laboratorio e dal loro valore fine e, dopo la fissazione dei testi, trasmette sopratutto l'esegesi autentica dei Classici.

La Tradizione combina poi due caratteri complementari.
1. Da una parte la stabilità : i suoi elementi fondamentali sono dinamici, in materia di consapevolezza tecnica, di fini specifici, di epistemologia generale, di deontologia ed etica scientifica (chi pensa che in Alchimia non esistano regole, non ha capito nulla di questa disciplina).
2. Dall'altra parte, il progresso: le tecniche operative, di ricerca e i criteri di Laboratorio si sviluppano, a misura che nuovi ricercatori completano l'opera dei loro predecessori in funzione dei bisogni concreti richiesti dalle metodologie di sintesi e dalle scoperte ad esse relative.

Con ciò sappiamo già, per esserci stato comunicato ampiamente da Fulcanelli (che sia più o meno un personaggio storico può interessare solo a chi deve difendere scuole di pensiero), che attraverso una unica analisi filologica del testo le operazioni dell'Opera, comunque e in qualunque caso, possono essere comprese solo marginalmente e in modo alquanto periferico. Ciò dovrebbe bastare a molti che si ostinano a cercare nella Cabala Fonetica lo strumento interpretativo. Del resto, gli aspetti fondamentali dell'Alchimia sono per lo più racchiusi all'interno dell'universo meraviglioso delle interazioni tra cause e fenomeni, vere chiavi di volta di tutta la Grande Opera, che solo il Laboratorio, lo abbiamo già visto, può disvelare.
Ammettendo la categoria della comunicabilità dei dati si ammette necessariamente anche quella dell’intelligibilità dell’oggetto e quindi la sua oggettività. La Scienza Alchemica non presenta allora, a questo stadio della Ricerca, il risultato di analisi che scaturiscono da dettati simbolici facenti fede su cosmologie non verificate, ma informazioni e dati che provengono dalla Ricerca scientifica. Ogni punto specifico dell’elenco in questione può diventare una definizione di Alchimia, articolata è vero, ma sempre capace di illustrare pienamente il dato significante. Tutti questi elementi possono essere condensati in una formula che esprima sinteticamente la natura della Scienza Alchemica, la sua funzione e gli scopi per cui è realizzata. Si potrà allora definire la Alchimia come l’autocoscienza riflessa dell’Universo unitario Uomo-Cosmo-Materia, emergente dall’indagine sperimentale congiunta delle diverse Discipline costituenti l’umano sapere, che diventa risposta personale, in una motivata decisione di acquisire piena coscienza del proprio esistere.
Come ogni definizione anche questa è segnata dalla contingenza del linguaggio e dal limite che ogni definizione, per sua natura, possiede. In essa tuttavia si possono ritrovare e riconoscere tutti gli elementi essenziali che costituiscono la Alchimia come è stata descritta in questa sede.

Autocoscienza riflessa - richiama l’orizzonte epistemologico per cui la Scienza Alchemica è un sapere critico, metodico, sistematico, fondato sulla sperimentazione concreta e che viene compiuto mediante le normali e comuni attività conoscitive proprie dell’Uomo. Quindi, nulla di iniziatico o occulto, come invece molti vorrebbero far apparire con la pretesa di fondare movimenti di pensiero chiusi e sclerotizzanti.

dell’Universo unitario Uomo-Cosmo-Materia - la visione olistica ed unitaria dell’esistente è un dato fondamentale che si pone a soggetto privilegiato della riflessione epistemica della Alchimia, perché si riflette sull’oggi dell’Uomo e della sua globalità di essere in evoluzione in rapporto con lo spazio topologico che lo racchiude.

emergente dall’indagine sperimentale congiunta delle diverse Discipline..... - indica che la Alchimia non trova altra dimensione fondante che l’indagine sperimentale nell’apertura e nella collaborazione con tutte le altre Disciplina scientifiche.

che diventa - il divenire indica la dinamica oggettiva della Ricerca scientifica che, richiamandosi normativamente ai propri modelli costitutivi, è sottoposta ad una dimensione storica di progresso per l’acquisizione di nuovi strumenti conoscitivi, per la formulazione di nuovi modelli di apprendimento e per l’adattamento dei vari risultati raggiunti.

risposta personale - evidenzia la dimensione di ognuno che, come soggetto libero e razionale, comprende di essere parte di una totalità sia come Ricercatore che come Soggetto della Ricerca chiamato a rispondere senza possibilità di delega alcuna.

in una motivata decisione - è l’orizzonte esistenziale, per cui la Alchimia fornisce gli strumenti interpretativi necessari a rendere visibili i dati compresi nella riflessione e di applicarli al miglioramento della propria bioecologia personale.

di acquisire piena coscienza del proprio esistere - è il momento della personalizzazione del dato. La Scienza Alchemica non è solo produzione di medicamenti dall’ampio valore omeopatico ma è anche acquisizione cosciente del dato di unitarietà di tutti gli esseri all’interno di uno spazio oggettivato che è il Cosmo. L’Uomo, unità psico-fisica, è soggetto pensante ed agente individuale ma in stretta connessione con l’altro senza esserne una proiezione, o il frutto di infinite altre proiezioni.

Concluderemo questa prima parte dicendo che l’Alchimista pur non essendo obbligatoriamente un uomo di Fede nel senso teologico del termine, riconosce tuttavia una certa “componente sottile” fin dal principio del suo lavoro. Ciò che convenzionalmente è definito Spirito e che si configura come Ens soprannaturale è per l’Alchimista una realtà di matrice energetica (secondo un’accezione ad un tempo scientifica e filosofica) che interviene al livello elevato dell’onda senza che da parte dell’operatore vi siano atteggiamenti personali (tecniche magico-esoteriche e/o rituali) atte a provocarlo. L’intervento è per sè in ordine alle condizioni privilegiate cui l’Alchimista sottopone la Materia. Condizioni che l’operatore stesso è in grado di definire in Laboratorio. Nella seconda parte del nostro lavoro vedremo di illustrare sinteticamente alcune di queste operazioni capitali, la cui fondatezza è certificata dalla pratica incessante al Forno.

Corsi su Alchimia e Spagyria, presso l’agriturismo «Il Borgo del riso» nelle campagne bolognesi: www.ilborgodelriso.it/iniziative_corsi2004/corso_spagyria.htm


http://www.disinformazione.it/spagyria.htm

LA TRADIZIONE - ERMETE TRISMEGISTO

LA TRADIZIONE - ERMETE TRISMEGISTO


Poiché la tematica della Rosa-Croce ha soprattutto a che vedere con la storia dell'Ermetismo, è necessario ricercarne l'origine. Il termine Ermetismo è in relazione con il nome di Ermete Trismegisto, la cui leggenda fiorì nel Il secolo d.C., nella fase declinante dell'Ellenismo.
Le scuole di pensiero del Mediterraneo avevano avuto modo di inglobare nel patrimonio della filosofia greca antica significativi influssi orientali, provenienti,dalla periferia dell'impero e concernenti la speculazione religiosa, l’astrologia e la magia. La crisi del mondo antico sollecita esplorazioni presso le culture esoteriche che non hanno raggiunto la cristallinità concettuale della filosofia greca, ma che, nondimeno (e forse più), sottolineano il limite di un pensiero troppo astratto e poco atento ai problemi dell'uomo... Misticismo _ magia e astrologia trovano l'humus favorevole, a tutti i livelli della società, per un espansione entro i confini dell'impero che si colloca in concorrenza diretta con il cristianesimo nascente. L'ansia di liberazione appare tanto più appagata quanto più i messaggi cui ci si rivolge sono carichi di autorevolezza e di santità. Ora, tali qualità appaiono proporzionali alla distanza nel tempo dei loro supporti culturali: la magia persiana, l'astrologia caldea, la religione egiziana erano fonte di rivelazioni manifestatesi in illo tempore [in un tempo indeterminatamente antico] e,come tali, inauguranti una tradizione complessa dai volti multipli, che, nella convinzione di molti, non poteva non aver influenzato anche la filosofia dei Greci. La gnosi ermetico -alchemica si afferma con l'aspirazione di coinvolgere l'uomo nella sua totalità: come sapere esoterico, rivelazione dell'arcano, appagamento dell'intuizione, ritorno alle origini: il futuro si specchia nel passato e il cerchio si chiude» (C. Prandi, voce "Tradizioni", Enciclopedia, Einaudi, Torino, 1981).
La "leggenda" di Ermete Trismegisto è alquanto complessa. Da alcuni infatti è identificato con il dio egizio Thot, che i Greci assimilarono a Ermes (Mercurio per i Romani): il dio greco, che aveva ricevuto dal fratello Apollo la bacchetta magica a volte raffigurata come caduceo (il bastone con due serpenti attorcigliati che stanno per baciarsi, spesso utilizzato nelle immagini dei libri d'alchimia), era il patrono di tutte le attività umane, fra cui le arti e le scienze, e in quanto messaggero degli dèi era anche padre della parola; il dio egizio era l'inventore della scrittura e del calcolo, anche lui protettore delle scienze e delle arti, mentre il termine "trismegisto" (che significa "tre volte grandissimo" o "nato tre volte" oppure ancora, come scrive l'autore de La tavola smeraldina,"colui che ha in sé le tre parti di saggezza del mondo intero") era utilizzato dagli antichi Egizi come appellativo per i loro dèi.
Secondo altri la figura di Ermete Trismegisto potrebbe essere collegata a ben tre personaggi leggendari, accomunati dalla prerogativa di detenere e trasmettere sapienza e conoscenze iniziatiche.
Il primo, nipote di Adamo, sarebbe vissuto prima del Diluvio, avrebbe scritto numerose opere e progettato le Piramidi. Il secondo, di origine babilonese, sarebbe stato a parte dei segreti relativi alla matematica e alla geometria sacra e li avrebbe trasmessi a Pitagora. Il terzo, vissuto in Egitto sarebbe stato, oltre che insigne matematico, anche filosofo e medico e avrebbe costituito la fonte del sapere alchemico (l'alchimia viene in effetti definita anche `Arte Ermetica"). La tavola smeraldina
«È vero senza menzogna, certo e verissimo.
Ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso per fare i miracoli della cosa una. E poiché tutte le cose sono e provengono da una, per la mediazione di una, così tutte le cose sono nate da questa cosa unica mediante adattamento. Il Sole è suo padre, la Luna è sua madre, il Vento l'ha portata nel suo grembo, la Terra è la sua nutrice. Il padre di tutto, il fine di tutto il mondo è qui. La sua forza o potenza è intera se essa è convertita in terra. Separerai la Terra dal Fuoco, il sottile dallo spesso dolcemente e con grande industria. Sale dalla Terra al Cielo e nuovamente discende in Terra e riceve la forza delle cose superiori e inferiori. Con questo mezzo avrai la gloria di tutto il mondo e per mezzo di ciò l'oscurità fuggirà da te. È la forza forte di ogni forza: perché vincerà ogni cosa sottile e penetrerà ogni cosa solida. Così è stato creato il mondo. Da ciò saranno e deriveranno meravigliosi adattamenti, il cui metodo è qui. È perciò che sono stato chiamato Ermete Trismegisto, avendo le tre parti della filosofia di tutto il mondo.
Ciò che ho detto dell'operazione del Sole è compiuto e terminato.»


L'Ermetismo comunque non tramontò con la civiltà di cui era espressione, ma sopravvisse, «mascherato» (l'espressione è di j. Evola, uno dei più discussi personaggi dell'Esoterismo moderno), per tutto il Medioevo, dovendo far fronte al perseguito e dichiarato universalismo della Chiesa di Roma che si proponeva come l'unica depositaria della Rivelazione divina e combatteva ogni indirizzo di pensiero contrario alla propria dottrina: per esempio, papa Giovanni XXII che condanò nel 1317 la pratica dell' alchimia con la decretale Spondent pariter, e nel 1323, con la bolla Cum inter nonnullus, si pronunciò sulla contestazione da parte dei fraticelli e di altri gruppi affini ai francescani eterodossi (rifiutavano al proprio ordine il diritto di proprietà) e li condannò alla persecuzione del Tribunale dell'Inquisizione.
Eppure fu proprio nel Medioevo che giunsero in Occidente, e furono tradotti, i primi testi esoterici orientali, fra i quali la famosa Tavola smeraldina attribuita a Ermete Trismegisto e che, secondo la leggenda, fu trovata dalla moglie di Abramo, Sara, nelle mani del marito morto:
venne deposta nel luogo dove fu sepolto il patriarca e li fu ritrovata dai soldati di Alessandro Magno (sembra che il luogo fosse una Cavità della Grande Piramide di Gizah). L'importanza dell'arrivo in Occidente di questi testi è sottolineata da alcuni (fra cui P Cortesi che ha curato la traduzione di L'alchimia ovvero Trattato della pietra filosofàle attribuito a Tommaso d'Aquino) che fanno coincidere la nascita dell'alchimia medievale (considerata una filosofia ermetica) proprio nel momento in cui lo studioso Roberto di Chester finì di tradurre in latino un'opera araba (II libro della composizione di alchimia), l'11 febbraio 1144.
È significativo che a coniare con una connotazione fortemente negativa il termine Medioevo, ovvero "Età di mezzo", siano doli proprio i dotti di quel Rinascimento in cui riprese potentemente vigore la tradizione ermetica.
Nella prospettiva di un rinnovamento globale del mondo, dopo secoli e secoli di cosiddette tenebre, occorreva recuperare la chiave di lettura dell'universo e sottoporre a verifica le possibilità della spirito umano.
Nel Rinascimento si credeva che Ermete Trismegisto fosse realmente vissuto in tempi antichissimi e fosse l'autore di opere scritte segretamente conservate e tramandate.
Come figura mitico-carismatica, fece da tramite tra i percorsi di ricerca non solo dei nuovi alchimisti, ma anche dei filosofi, degli scrittori, degli artisti e dei religiosi e i saperi esoterici dell'età tardo-antica. Andò così rinnovandosi anche la comunicazione simbolica, con il recupero e il rilancio di immagini "archetipali" antichissime, a partire da quelle astrologiche.
Secondo l'opinione di molti studiosi le origini culturali del movimento della Rosa-Croce devono essere collocate proprio nello scenario dell'Esoterismo rinascimentale.
Il Corpus hermeticum
Nel fervido e appassionato clima di "riscoperta" del passato che caratterizzò il primo Rinascimento a Firenze, che ne fu il centro propulsore, vennero fatti pervenire da Bisanzio i manoscritti di Platone e dei filosofi neoplatonici dell'età ellenistica e furono tradotti dal greco in latino. Assieme a questi testi, nel 1460, arrivo anche una raccolta di trattati, il Corpus hermeticum, cosiddetto perché ne veniva indicato l'autore nella persona unica di Ermete Trismegisto.Identificandolo con un importante e saggio sacerdote dell'antico Egitto alla sapienza del quale aveva attinto lo stesso Platone, Cosimo de' Medici invitò Pumanísta Marsilio Ficino a dare immediata esecuzione alla traduzione.
"Cosi una filosofia che era una sorta di culto religioso della natura, implicante pratiche magiche, venne diffusa entro il nocciolo del Neoplatonismo in voga. Ebbe risultati rivoluzionari perchè la filosofia ermetica diede all'uomo una posizione nell'universo diversa da quella che era prevalsa nel Medioevo. Collocò l'uomo in una posizione dominante, in quanto essere capace di operare sulla natura e di piegarla al suo volere [...] Ma la magia ermetica non era stragoneria volgare:la tradizione ermetica era una tradizione intellettuale e filosofica, con alcuni elementi magici, che incoraggiava il volgersi al mondo per investigarne i segreti, come dovere religioso" (F.A.Yates L'Illuminismo dei Rosa-Croce, trad.it. Torino, 1976).


http://www.parodos.it/rosacrocelatradizione.htm